"Toujours Ouvert"
Caffè Pedrocchi - Sala Verde
a cura di Filippo Faccin
Nell’elegante e raffinato spazio della Sala Verde del prestigioso Caffè Pedrocchi di Padova, ad inaugurare questa felice iniziativa mirata a promuovere e valorizzare l’or ora nominato ambiente, si trovano insieme a condividere gli spazi delle pareti gli estri e l’originalità creativa di due giovani e promettenti artiste, le cui proposte, ben recepibili dai lavori esposti, seppur sembrino per certi aspetti del tutto diverse, in realtà condividono vari punti in comune e, a detta dello scrivente, si può pensare costituiscano le due facce di una stessa medaglia: trattasi di Jessica Ferro e di Catia Schievano.
La proposta di Jessica è connotata da una pittura molto lenticolare e minuziosa, dal fare nettamente incisorio e votata del tutto al dettaglio, affrontato in modo sorprendente ed affascinante; quasi sempre parte dal dato visivo, soprattutto naturalistico, che sia un insetto o un gasteropode, un mollusco o una conchiglia marina, per poi allontanarsene quasi del tutto alla fine del processo, arrivando a scomporre e a destrutturare l’immagine e l’elemento empirico, il quale, in alcuni casi, finisce per essere trasfigurato e superato completamente. Un’operazione sottile e indagatrice, dal profilo inizialmente analitico e quasi scientifico, tale da poter essere proprio paragonata a quella di uno scienziato che osserva le realtà infinitesimali attraverso la lente di un microscopio elettronico, per poi, però, procedere nell’ottica di uno scavo sempre più in profondità, alla scoperta della sostanza immanente delle cose e di un’essenza immateriale del reale, soprattutto nell’universo “Natura”, in un forte anelito proteso verso una plausibile e tentata conoscenza anche di ciò che non sempre sia rappresentabile e percepibile nel campo del visivo. Tutto questo si verifica tessendo una fitta trama di relazioni, non sempre immediate, tra le cose e nel divenire concreto di un lungo e lento processo creativo a carico dell’artista, dal valore di un rituale o un gesto propiziatorio, intriso di significati e valenze ancestrali, processo che si evidenzia negli interventi della mano di Jessica per alterare la matrice, usata come prezioso supporto da lei inciso o scolpito e poi impresso sulla tela. Ottiene, perciò, un’estrosa pittura incisoria, coniugata e resa nell’ordine di un’oscillazione continua tra il visibile e l’ignoto, il macro e il micro, il materiale e l’immateriale, il soggetto e l’oggetto, affrontando di petto le ambizioni di una liminalità poco o per nulla avvertibile tra astratto e figurativo e questo per il semplice fatto che un particolare di molto ingrandito o un dettaglio selezionato riescono a dilatare la nostra percezione e lo sguardo, sortendo in un effetto straniante e sublimante per l’osservatore; quest’ultimo può arrivare a perdersi nei labirinti più arditi e nei grovigli inestricabili di linee e incisioni, dove un singolo elemento può rimandare al tutto e viceversa e dove viene anche evocato un tipo di intervento per certi versi seriale, maniacale e quasi ossessivo. L’effetto è tendenzialmente monocromatico, quello delle monotipie, come nella gran parte delle sue produzioni, per le quali le scelte tecnico-stilistiche spaziano dalla xilografia al frottage, passando attraverso il collage e le gipsografie e le immagini finali, invece, frutto delle personali riflessioni e degli interventi dell’artista, possono essere passibili di una pluralità di ricostruzioni e stimolano di continuo il pubblico, cercando una forte interazione con la fantasia del fruitore e lasciando l’opera ad un suo divenire indipendente e sensazionale.
Dalle visioni metamorfiche e stranianti di Ferro, si passa alla proposta artistica non meno articolata e complessa di Catia Schievano, altra talentuosa pittrice presente in mostra. Catia riserva ai suoi progetti e alle creazioni prevalentemente pittoriche un ruolo fondamentale, come medium prediletto della mano e della mente, per sopperire ad un profondo vuoto comunicativo, che le deriva, dice lei, dall’incapacità di esprimere a parole tutto quel di più che riesce invece a percepire a perfezione con gli altri sensi e in particolare la vista. Anche Schievano parte prevalentemente dal dato visivo o comunque da uno stimolo o una suggestione offerti prevalentemente dal mondo della natura e il suo interesse principale muove verso quei dati del reale e quei dettagli fatti vivere in natura dalle luci e dai loro giochi come dai suggestivi movimenti dell’aria e dell’acqua. In una fase subito successiva, si avvale di diverse tecniche, tra cui l’uso della carta giappone e della pittura a olio, per rielaborare del tutto ciò che vede ed offrire intime e personalissime interpretazioni, nelle quali le forme si incontrano e si scontrano, potendo anche essere disgregate e superate in toto o anche essere riscoperte in tutto il loro potenziale intrinseco. Un’altra indagine spesso a cavallo tra astratto e figurativo, dove però questi due termini sono meglio distinti che in Jessica e addirittura possono essere presentati e riproposti o singolarmente o anche all’interno di uno stesso gruppo di disegni o di una serie di realizzazioni. Di nuovo forte rilievo è lasciato al processo creativo e generativo, seppur rovesciato rispetto a quello di Ferro e secondo un approccio iniziale forse meno analitico e rigoroso e più lirico, personalizzato, intimo ed introspettivo. Un’interiorizzazione inaspettata, ma ricercata per mezzo di un linguaggio un po’ introverso e chiuso, un animo gentile scavato e indagato dallo stesso io pensante dell’artista e capace di disvelare turbamenti e inquietudini o emozioni anche serene e distese, ma non sempre ben decifrabili o esprimibili oralmente. La mente guida la mano e questa felice collaborazione dà i più fortunati riscontri, rendendoci allo stesso tempo figure umane o della natura in genere come anche visioni onirico-fantasmatiche o semplici e irriducibili tratti e segni pittorici astraenti, risultato di un lavoro benefico e ristoratore a cui Catia si abbandona, inducendo nel suo fare pittorico quasi terapeutico, costituito da attese e silenzi, vuoti e pieni, detto e non detto, ed intriso di storie e narrazioni partorite dalla mente continuamente stimolata del soggetto creatore e pensante di Schievano. Una pittura, quindi, di silenzi e suggestioni evocatrici, radicata in quel mare di sensazioni e emozioni che albergano nel cuore e nell’animo dell’artista e che si dispiegano tutte nelle sue più o meno articolate rielaborazioni, più vicine al figurativo se non tendenti all’astrazione e ad un sistema privo di controllo logico e razionale. Ne esce un sottile ragionamento, dal profilo quasi psicologico, volto alla scoperta di se’stessi e di ciò che ci circonda come dei meandri più insondati della natura umana, con tutte le sue irregolarità e contraddizioni, paure e dubbi, trasposto in un insieme sfaccettato di detto e non detto, di sospensioni e attese, di evocazioni liriche e suggestioni generatrici.
Due ricerche artistiche queste per certi versi affini e parallele, mirate a riscoprire la centralità della coscienza e della conoscenza, configurate nel rapporto con noi stessi e con ciò che ci circonda, soprattutto in natura, attraverso l’efficacia e il grande impatto del mezzo pittorico, seppur declinato nei due linguaggi molto personali di Jessica e Catia.
Jessica Ferro nasce a Dolo (VE) nel 1992. Risiede a Rosolina, in provincia di Rovigo. Fin dall'adolescenza mostra un certo interesse per i linguaggi artistici e s'iscrive al Liceo Artistico "C. Roccati" di Rovigo. Prosegue la sua formazione artistica all’Accademia di Belle Arti di Bologna frequentando il corso di Pittura. Nel 2014 si laurea con valutazione 110 e lode. Ora si sta specializzando in Arti visive e pittura. Ha preso parte a diverse mostre e esposizioni sia collettive che personali, vincendo premi e riconoscimenti in concorsi artistici, soprattutto nel territorio tra Padova e Ravenna e a livello internazionale. Alcune sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.
Catia Schievano nasce a Castelfranco Veneto (TV) il 23 luglio 1993. Ha conseguito il diploma presso il Liceo Artistico Statale di Treviso, proseguendo poi gli studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, interessandosi di pittura. Ha partecipato ad alcune mostre, in particolare collettive, e workshop nel territorio, soprattutto tra Padova e Venezia, partecipando anche ad alcuni concorsi artistici, laboratori e diversi altri progetti.
Filippo Faccin nasce a Thiene (VI) nel 1993, dove a tutt’oggi risiede. Ha conseguito la maturità classica al Liceo Statale F. Corradini di Thiene e ha proseguito gli studi, iscrivendosi al corso di Storia e tutela dei beni artistici e musicali presso l’Università di Padova. Qui si è laureato con il massimo dei voti e la lode e al momento è iscritto al primo anno della magistrale di Storia dell’Arte, sempre a Padova. Ha mostrato un particolare interesse per la storia dell’arte soprattutto moderna e contemporanea e nello specifico per la pittura, ma negli ultimi due anni si è avvicinato alla curatela del contemporaneo e di artisti viventi, in qualità di curatore emergente, in alcune iniziative e progetti, soprattutto a Padova.
Dalle visioni metamorfiche e stranianti di Ferro, si passa alla proposta artistica non meno articolata e complessa di Catia Schievano, altra talentuosa pittrice presente in mostra. Catia riserva ai suoi progetti e alle creazioni prevalentemente pittoriche un ruolo fondamentale, come medium prediletto della mano e della mente, per sopperire ad un profondo vuoto comunicativo, che le deriva, dice lei, dall’incapacità di esprimere a parole tutto quel di più che riesce invece a percepire a perfezione con gli altri sensi e in particolare la vista. Anche Schievano parte prevalentemente dal dato visivo o comunque da uno stimolo o una suggestione offerti prevalentemente dal mondo della natura e il suo interesse principale muove verso quei dati del reale e quei dettagli fatti vivere in natura dalle luci e dai loro giochi come dai suggestivi movimenti dell’aria e dell’acqua. In una fase subito successiva, si avvale di diverse tecniche, tra cui l’uso della carta giappone e della pittura a olio, per rielaborare del tutto ciò che vede ed offrire intime e personalissime interpretazioni, nelle quali le forme si incontrano e si scontrano, potendo anche essere disgregate e superate in toto o anche essere riscoperte in tutto il loro potenziale intrinseco. Un’altra indagine spesso a cavallo tra astratto e figurativo, dove però questi due termini sono meglio distinti che in Jessica e addirittura possono essere presentati e riproposti o singolarmente o anche all’interno di uno stesso gruppo di disegni o di una serie di realizzazioni. Di nuovo forte rilievo è lasciato al processo creativo e generativo, seppur rovesciato rispetto a quello di Ferro e secondo un approccio iniziale forse meno analitico e rigoroso e più lirico, personalizzato, intimo ed introspettivo. Un’interiorizzazione inaspettata, ma ricercata per mezzo di un linguaggio un po’ introverso e chiuso, un animo gentile scavato e indagato dallo stesso io pensante dell’artista e capace di disvelare turbamenti e inquietudini o emozioni anche serene e distese, ma non sempre ben decifrabili o esprimibili oralmente. La mente guida la mano e questa felice collaborazione dà i più fortunati riscontri, rendendoci allo stesso tempo figure umane o della natura in genere come anche visioni onirico-fantasmatiche o semplici e irriducibili tratti e segni pittorici astraenti, risultato di un lavoro benefico e ristoratore a cui Catia si abbandona, inducendo nel suo fare pittorico quasi terapeutico, costituito da attese e silenzi, vuoti e pieni, detto e non detto, ed intriso di storie e narrazioni partorite dalla mente continuamente stimolata del soggetto creatore e pensante di Schievano. Una pittura, quindi, di silenzi e suggestioni evocatrici, radicata in quel mare di sensazioni e emozioni che albergano nel cuore e nell’animo dell’artista e che si dispiegano tutte nelle sue più o meno articolate rielaborazioni, più vicine al figurativo se non tendenti all’astrazione e ad un sistema privo di controllo logico e razionale. Ne esce un sottile ragionamento, dal profilo quasi psicologico, volto alla scoperta di se’stessi e di ciò che ci circonda come dei meandri più insondati della natura umana, con tutte le sue irregolarità e contraddizioni, paure e dubbi, trasposto in un insieme sfaccettato di detto e non detto, di sospensioni e attese, di evocazioni liriche e suggestioni generatrici.
Due ricerche artistiche queste per certi versi affini e parallele, mirate a riscoprire la centralità della coscienza e della conoscenza, configurate nel rapporto con noi stessi e con ciò che ci circonda, soprattutto in natura, attraverso l’efficacia e il grande impatto del mezzo pittorico, seppur declinato nei due linguaggi molto personali di Jessica e Catia.
Jessica Ferro nasce a Dolo (VE) nel 1992. Risiede a Rosolina, in provincia di Rovigo. Fin dall'adolescenza mostra un certo interesse per i linguaggi artistici e s'iscrive al Liceo Artistico "C. Roccati" di Rovigo. Prosegue la sua formazione artistica all’Accademia di Belle Arti di Bologna frequentando il corso di Pittura. Nel 2014 si laurea con valutazione 110 e lode. Ora si sta specializzando in Arti visive e pittura. Ha preso parte a diverse mostre e esposizioni sia collettive che personali, vincendo premi e riconoscimenti in concorsi artistici, soprattutto nel territorio tra Padova e Ravenna e a livello internazionale. Alcune sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.
Catia Schievano nasce a Castelfranco Veneto (TV) il 23 luglio 1993. Ha conseguito il diploma presso il Liceo Artistico Statale di Treviso, proseguendo poi gli studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, interessandosi di pittura. Ha partecipato ad alcune mostre, in particolare collettive, e workshop nel territorio, soprattutto tra Padova e Venezia, partecipando anche ad alcuni concorsi artistici, laboratori e diversi altri progetti.
Filippo Faccin nasce a Thiene (VI) nel 1993, dove a tutt’oggi risiede. Ha conseguito la maturità classica al Liceo Statale F. Corradini di Thiene e ha proseguito gli studi, iscrivendosi al corso di Storia e tutela dei beni artistici e musicali presso l’Università di Padova. Qui si è laureato con il massimo dei voti e la lode e al momento è iscritto al primo anno della magistrale di Storia dell’Arte, sempre a Padova. Ha mostrato un particolare interesse per la storia dell’arte soprattutto moderna e contemporanea e nello specifico per la pittura, ma negli ultimi due anni si è avvicinato alla curatela del contemporaneo e di artisti viventi, in qualità di curatore emergente, in alcune iniziative e progetti, soprattutto a Padova.